martedì 23 dicembre 2014

Raccontarsi

Ricordo perfettamente una copertina del glorioso "Corriere dei Piccoli" del 1969, avevo 6 anni e forse da lì è nata la mia passione per i fumetti prima e per le storie di fantasia e per i libri dopo. Ricordo la grande passione per i primi super eroi della Marvel che arrivarono in Italia, passione condivisa con mia cugina, la mia sorella mancata tanto era il legame che ci univa da piccoli e che in qualche modo, malgrado la distanza e le poche occasioni per vederci, continua tutt'ora. La cugina con la quale ho condiviso, da buoni appassionati di fantascienza, la prima visione di Star Wars e di Alien.
Come i fumetti anche il cinema mi ha sempre affascinato, perché racconta, su vari piani, con varie intensità, coprendo tanti temi diversi, più o meno importanti o seri: aggiungete quello che volete ma lo scopo di una pellicola, come di una pagina disegnata, è quello di raccontare qualcosa. E quelle immagini che siamo ormai abituati a veder scorrere davanti ai nostri occhi attraverso uno schermo o tra le pagine di un volume illustrato, non sarebbero tali senza prima delle parole che le definiscano e le descrivano prima di essere impresse nella nostra memoria visiva.

Dopotutto facendo un piccolo salto indietro di 5000 anni (più o meno), prima dei caratteri cuneiformi dei Sumeri, un po' prima di carta stampata e immagini in movimento, la parola e la memoria erano l'unico modo per tramandare la storia, per raccontare: i miei figli fanno fatica a pensare alla mia infanzia senza cellulari, computer, internet... eppure si comunicava lo stesso, forse ci si raccontava anche di più.

Raccontarsi. Narrare di sé a più o meno casuali ascoltatori, requiem dell'indifferenza.

Perché dovremmo scoprirci così verso gli altri? Mettere a nudo i nostri pensieri e il nostro sentire? Se mi aveste fatto questa domanda una decina di anni fa probabilmente non vi avrei risposto o avrei liquidato la questione con un laconico "Già... perché dovrei?". Negli ultimi 4-5 anni ho cercato di dare invece una risposta e ne è uscito un libro di Riflessioni e Poesie, è uscito così, non completamente per volontà propria, ma molte cose chiedevano a gran voce di essere raccontate, tra queste alcuni sassi nelle scarpe da togliere, in altri casi era invece il desiderio di rendere partecipi gli altri di quello che un po' alla volta stavo imparando ad osservare. E un po' alla volta ho scoperto, con grande meraviglia, che gli altri "partecipavano", che il mio raccontare non era per loro noioso ma anzi interessante e coinvolgente perché andava a toccare probabilmente corde altrettanto sensibili del loro privato.

Questa sera chiacchieravo con un'amica proprio di questo, toccata anche lei nelle sue corde sensibili da quello che sta leggendo del mio libro e mi faceva notare il fatto che probabilmente se avesse letto il libro qualche anno fa le sarebbe piaciuto lo stesso (grazie Alessia...) ma forse non avrebbe avuto la stessa capacità comunicativa che invece sta avendo adesso, come dire: "...un libro che deve essere letto nel momento giusto della vostra vita..." ma non so se potrebbe funzionare bene a livello promozionale, soprattutto perché difficilmente sappiamo qual'è il momento giusto della nostra vita... ma il libro lo sa.

Ricordo il fascino delle storie e delle avventure che leggevo da piccolo, magari non tutte le storie, ma il "fascino" sì. Il fascino della narrazione, del mettere insieme le parole nel modo giusto per raccontare nel modo migliore, il più semplice e il più diretto. Alessia invidia e ammira il mio descrivere in modo semplice e diretto pensieri e temi complessi, io invidio, sempre con ammirazione, coloro che sono in grado di farlo in tempo reale, nel dialogo immediato: è la parte della mia personale narrazione che ancora manca. Ho bisogno della carta per mediare i miei pensieri (confesso comunque che scrivo sempre al computer) ma ho anche bisogno di qualcuno che abbia la pazienza, per il momento, di leggermi.

Comunque sia, raccontatevi.

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